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I formaggi freschi fatti in casa
23/11/2008

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Preparare il formaggio in casa: non solo possibile, ma anche facile e divertente. Vediamo i concetti e le tecniche di base da applicare per eseguire le ricette dei nostri formaggi preferiti.
Pochi altri cibi, forse solo il pane, sono fatti con ingredienti semplici come il formaggio: latte, caglio, sale.

Proprio come il pane, anche per i formaggi esiste un’incredibile varietà di tipi per consistenza, sapore, profumo … il tutto grazie a sapienti ricette e metodi di produzione che hanno spesso una storia di secoli.

Non a caso in questo articolo si parla solo di “formaggi freschi”: la preparazione di formaggi stagionati richiede ambienti con temperatura e umidità idonea, di solito non disponibili nelle normali abitazioni. Per chi potesse e volesse cimentarsi, si tratta di una ben più lunga ed incredibile avventura … ma vediamo nei dettagli quali sono gli elementi di partenza e le tecniche di preparazione per i nostri formaggi freschi fatti in casa.

Il latte

La materia prima più importante per la realizzazione del formaggio è naturalmente il latte.

Generalmente con “latte” si indica quello ottenuto dalla mungitura della vacca, quindi senza altre specificazioni il "latte" è di origine bovina. Diversamente è normalmente specificato se ovino, caprino o di bufala.

Il latte è composto principalmente da acqua (circa 87%), che mantiene in soluzione ed in emulsione zuccheri (4,5-4,8%), grassi (3,5%), sostanze azotate come le proteine (3,4%), sali (0,9%), vitamine, enzimi e microrganismi vari.

Il latte fresco pastorizzato

Il tipo di latte comunemente reperibile in commercio ha subito dei trattamenti che ne migliorano la digeribilità e ne prolungano la durata. Questi sono trattamenti termici (pastorizzazione e sterilizzazione), necessari per ridurre la carica batterica che ne altererebbero la conservazione e la commestibilità.

Il latte normalmente in commercio può essere sottoposto ad un processo di scrematura che ne regola o ne riduce la quantità di grassi presenti. Si può trovare latte intero (3% di grassi presenti), parzialmente scremato (1-1,8%) e scremato (meno dello 0,5%).

Il latte fresco inoltre subisce di norma anche il processo di omogeneizzazione: viene fatto passare sotto pressione attraverso fori talmente piccoli da rompere tutti i globuli di grasso in particelle di diametro 20 volte minore, costituendo così un'emulsione stabile, evitando l’affioramento della panna. Il latte diventa così più facilmente digeribile.

Purtroppo il trattamento con il calore (pastorizzazione) indebolisce il valore nutrizionale del latte, distruggendo almeno il 10 per cento delle vitamine B1, B6 e B12 e il 25 per cento della vitamina C contenute nel latte crudo. Inoltre incide negativamente sulla capacità del corpo di assorbire l’acido folico (o vitamina B9), particolarmente importante per il sistema nervoso e la circolazione del sangue e per il normale sviluppo embrionale. Le prove indicano anche che la pastorizzazione può inattivare altri veicoli di proteine come quelli dello zinco, della vitamina B12 e del ferro. Le proteine del siero - le più nutrienti - vengono denaturate dal trattamento con il calore, provocando una perdita di valore e scatenando potenziali reazioni allergiche. Anche gli agenti anti-infettivi presenti nel latte crudo sono denaturati dalla pastorizzazione. In condizioni normali, tali agenti possono distruggere i batteri e perfino inibirne la proliferazione.

Il latte UHT a lunga conservazione

È una particolare tecnica di sterilizzazione che consiste nel trattare il latte omogeneizzato e preriscaldato ad almeno 135°C attraverso l'impiego di vapore acqueo surriscaldato per non meno di un secondo. Successivamente si raffredda a 15-20°C e si procede al confezionamento.

Il trattamento UHT non garantisce comunque la distruzione delle spore più resistenti; è considerato a "lunga conservazione" e si può conservare per circa 3 mesi a temperatura ambiente, ha comunque una data di scadenza.

Quanto detto per l’effetto del trattamento termico sulle qualità del latte pastorizzato vale ed è ovviamente amplificato per il latte UHT.

Il latte Alta Qualità

Esiste poi il latte denominato “Alta Qualità”, che per fregiarsi di questo titolo deve sottostare a rigorose condizioni: selezione delle razze bovine, stato di salute degli animali, la loro alimentazione, l'igiene delle stalle, le condizioni di mungitura, la raccolta e distribuzione, la struttura della centrale di lavorazione, i trattamenti termici ed il confezionamento del latte.

Il latte fresco pastorizzato di Alta Qualità è, per legge, solo del tipo intero, e ha caratteristiche nutrizionali particolari rispetto a tutti gli altri. Il contenuto di proteine nel latte crudo destinato all'Alta Qualità è, infatti, di 32 gr. di proteine/litro contro i 28 grammi per quello destinato al latte fresco pastorizzato. Inoltre la percentuale di sieroproteine (che, tra l'altro, favoriscono il sistema immunitario dell'organismo) è significativamente maggiore nel latte di Alta Qualità confezionato rispetto al normale latte fresco pastorizzato.

Anche in questo caso, tuttavia, gli effetti della pastorizzazione restano.

Il latte crudo

Infine troviamo il “latte crudo”: una recente legge (2007) ha, infatti, definito la regolamentazione con il quale il latte può essere messo in commercio direttamente dai produttori senza alcun trattamento “industriale”, ma solo una filtrazione grossolana ed il raffreddamento repentino appena munto fino alla temperatura di 4°. La vendita al pubblico avviene esclusivamente tramite appositi distributori automatici (alle volte detti anche “bancolat”) che garantiscono il pieno rispetto della catena del freddo e la prevenzione dal contatto con agenti contaminanti. Il latte in essi presenti viene smaltito entro le 24 ore, altrimenti destinato ad altri usi (es.: produzione di formaggi).

Il latte crudo acquistato in questi distributori autorizzati può essere consumato direttamente senza ulteriori trattamenti, in quanto è controllato; ha una carica batterica estremamente bassa, persino inferiore a quella del latte pastorizzato di alcuni anni fa. Tuttavia, a fronte dei numerosi casi di patologia (la maggior parte disturbi gastroenterici di lieve entità) riscontrati nei paesi nei quali il consumo di latte crudo è in voga da anni, le autorità sanitarie raccomandano di sottoporre a trattamento termico il latte che sia destinato a bambini, anziani e soggetti immunodepressi. È altresì molto importante che non venga superata in nessuna fase della conservazione, neanche dopo l'acquisto, la temperatura di refrigerazione. È inoltre eventualmente consigliabile agitare la bottiglia prima del consumo: il prodotto non è omogeneizzato, di conseguenza il grasso tende a separarsi e a galleggiare.

Il latte crudo si conserva in frigorifero per non più di 3 giorni. I batteri lattici presenti naturalmente nel latte crudo non refrigerato e non pastorizzato si moltiplicano, facendolo inacidire e coagulare naturalmente a temperatura ambiente nel giro di poche ore. In realtà il latte acidificato si trasforma (anche con l'aiuto di pratiche casearie) in derivati del tutto commestibili, alcuni dei quali sono anzi particolarmente utili all'organismo umano, come lo yogurt o il kefir, che altro non sono se non selezione di latte fermentato (per il quale, peraltro, la fermentazione viene indotta, ma potrebbe avvenire naturalmente).

Da non sottovalutare anche il fatto che il latte crudo proviene da un solo allevamento, e si tratta quindi di un prodotto unico, con le sue caratteristiche organolettiche e di flora batterica che si trasmetteranno poi al formaggio e agli altri prodotti.

Il latte adatto alla caseificazione

È facile capire che più sono i trattamenti subiti dal latte, meno sarà adatto all’uso caseario, in quanto impoverito di molte sostanze utili a questo processo, soprattutto i batteri che danno al formaggio parte del suo sapore e profumo, e contribuiscono alla caseificazione stessa, tramite il processo di lisi.

Nell’ordine, il latte da scegliere per preparare dei formaggi sarà:

  • latte crudo
  • latte fresco pastorizzato Alta Qualità
  • latte fresco pastorizzato intero

Non si possono sperare di avere risultati con altri tipi di latte, mancano i costituenti essenziali per produrre il formaggio: i grassi, le proteine e i batteri.

Sarà poi possibile “correggere” le eventuali caratteristiche mancanti al latte scelto aggiungendo ad esempio panna, oppure aumentandone la carica batterica con l’aggiunta di yogurt, oppure operando dei lattoinnesti o sieroinnesti (aggiunta di colture batteriche specificatamente preparate)

Il caglio

Il caglio (o presame) è il composto di enzimi che causano il processo di coagulazione del latte.

In realtà la coagulazione può avvenire sia in modo presamico (ossia col caglio), sia in modo acido (per acidificazione del latte) sia in modo misto.

È reperibile in commercio sia in forma liquida, che in polvere o in pasta. Ai fini pratici la sua forma più facilmente utilizzabile è quella liquida, e generalmente è anche la più facile da reperire.

Il parametro fondamentale da conoscere per utilizzare il caglio è il cosiddetto "titolo".

Questo è una misura della "forza" del caglio, ossia della sua capacità di coagulazione del latte.

Più precisamente il titolo indica quanti litri di latte a 35° vengono coagulati da 1 millilitro di caglio in 40 minuti.

Ad esempio: 1 millilitro di caglio con titolo di 1:10.000 è capace di coagulare 10 litri di latte.

Esistono vari tipi di caglio:

  • Animale: generalmente ottenuto dallo stomaco del vitello o dell'agnello lattante, considerato quello di maggiore qualità
  • microbiologico: estratto da una muffa è un caglio economico e di qualità inferiore
  • vegetale: ottenuto da varie piante (tra cui il latte di fico);
  • ricombinante: ottenuto da organismi geneticamente modificati è un caglio di buona qualità e dai costi contenuti.

Va notato che l’uso del caglio di origine animale può essere rifiutato dai vegetariani.

Il caglio di origine vegetale ha generalmente un titolo minore, ed è difficile da dosare.

A meno di poter contare su aziende agricole o consorzi agrari che lo abbiano o lo commercino, il modo più facile di procurarsi il caglio è in farmacia. Molte lo tengono, o comunque è possibile ordinarlo. È molto importante conoscere il titolo del caglio prima di acquistarlo, un caglio con titolo troppo elevato sarà difficile da dosare per una produzione casalinga, limitata a 4 – 5 litri di latte al massimo. Un titolo da 1:2000, ad esempio, ben si adatta all’uso casalingo (1 ml per 2 lt di latte).

Il caglio va conservato in frigorifero ed ha la durata generalmente di un anno.

L’attrezzatura

Per fare il formaggio servono pochi semplici strumenti:

·         una pentola in acciaio inox con coperchio. La capacità dipende da quanto latte si vuole utilizzare. Le prime “produzioni” si potranno limitare facilmente a 2 litri, difficilmente si andrà oltre i 5 litri. Le pentole in alluminio sono sconsigliate.

·         un mestolo di legno

·         una siringa da 2,5 cc (privata dell’ago) o un contagocce di cui si conosca il volume della goccia. Servirà per dosare il caglio con precisione. Con una siringa da 2,5 cc, dosare, ad esempio, 1 ml di caglio è molto semplice, in quanto la scala è tarata su 0,1 ml.

·         un termometro. È uno degli strumenti irrinunciabili, perché determinare con precisione la temperatura del latte consente di ottenere i migliori risultati. Per le lavorazioni “semplici” basta un termometro che misuri fino ai 40°, ad esempio un termometro da vino può essere adatto allo scopo. Al limite potrebbe anche andare bene un termometro per la febbre, ma i migliori sono quelli ad alcool, in quanto più “veloci”. Andando avanti sarebbe bene procurarsi un termometro capace di misurare sino ai 100°.

·         Una borsa per surgelati capace di contenere la pentola. Servirà per lasciare in caldo la pentola durante la fase di cagliatura. In alternativa si può usare una coperta.

·         Un coltello a lama lunga o una spatola per dolci. Servirà per la prima rottura della cagliata.

·         Una frusta da cucina. Servirà per la rottura successiva della cagliata

·         Una schiumarola. Servirà per raccogliere la cagliata

·         Delle fuscelle. Sono cestelli forati nei quali mettere la cagliata a scolare dal suo siero. Anche questi sono strumenti quasi irrinunciabili per ottenere dei buoni risultati. Procurarsele può non essere facile, ma si può provare a:

o        Rivolgersi a ferramenta o negozi di casalinghi ben forniti. Potrebbero non averli, ma potrebbero provare a chiedere ai loro fornitori. Anche i consorzi agricoli potrebbero averne o poterne procurare.

o        Chiedere al proprio negoziante di formaggi di fiducia. Molti formaggi arrivano confezionati in contenitori con fuscelle che poi vengono buttate via. Potete chiedere al negoziante di tenervene alcune.

o        Cercare al supermercato dei formaggi che vengano venduti in contenitori con dentro la fuscella.

o        Con un po’ di fantasia si possono utilizzare contenitori nati per altri scopi: filtri per tisaniere, cestellini da centrifuga dell’insalata, …

o        Si può provare ad autocostruirle praticando fori o tagli in contenitori in plastica. È sconsigliato usare contenitori in alluminio da surgelati, tendono a rilasciare sostanze metalliche in ambienti acidi quali la cagliata.

Le fuscelle generalmente sono tonde, a forma cilindrica o tronco-conica. Le prime sono più adatte per i formaggi, le seconde per la ricotta.

·         Una gratella per dolci, preferibilmente in plastica. Servirà, posta sopra una bacinella, per appoggiarci sopra le fuscelle e fare scolare il siero. Il siero può essere raccolto per preparare della ricotta o un sieroinnesto.

 

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È importante che tutta l’attrezzatura che entra in contatto con il latte o il formaggio sia perfettamente pulita e sciacquata con acqua ed aceto bollente. Non si tratta solo di normali norme di igiene in cucina, ma serve a limitare la presenza di batteri “estranei” a quelli del latte, che potrebbero dare al formaggio un cattivo sapore.

Il procedimento

Il procedimento per fare ciascun formaggio è diverso, e dalla diversa ricetta dipendono le caratteristiche del formaggio che si ottiene.

Nonostante ciò, una serie di passi è comune a tutti i procedimenti, e li vediamo qui di seguito.

 

1.      Preparazione del latte
Nel caso si utilizzi latte crudo, sarà opportuno lasciarlo qualche ora a temperatura ambiente, per favorire un aumento della flora batterica utile alla caseificazione. Per fare questo, la bottiglia in cui il latte crudo è stato conservato dovrà essere perfettamente pulita e chiusa ermeticamente, per evitare che batteri “estranei” vadano a contaminare il latte.
Nel caso si usi latte pastorizzato, in questo i batteri sono assenti, non serve quindi lasciarlo a temperatura ambiente. Si può arricchire la sua carica batterica in questo modo: si scalda una parte del latte (es., 250 ml) a 40º, si aggiunge un cucchiaio di yogurt intero (con fermenti vivi), si lascia riposare per un paio d’ore, poi si aggiunge al resto del latte.

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2.      Riscaldamento del latte
Si mette il latte in una pentola di acciaio e si riscalda fino alla temperatura di 37º – 38º

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3.      Coagulazione
Si aggiunge il caglio e si mescola a lungo per amalgamarlo molto bene nel latte.
Il caglio va aggiunto in ragione del suo “titolo”, misurandone la quantità il più possibile in modo preciso.

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4.      Riposo
La pentola con il latte va messa a riposo dentro la borsa dei surgelati (o avvolta in una coperta) affinché la temperatura resti il più possibile costante. Il periodo di riposo normalmente è di 40 - 45 minuti.

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Cagliata
A questo punto la cagliata dovrebbe essersi formata. La cagliata deve avere l’aspetto di un budino molto mollo, e probabilmente si vedrà anche del siero tutto attorno.

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5.     Prima rottura della cagliata
Con la spatola per dolci la cagliata viene divisa in “cubotti” di 5 – 6 cm di lato, con tagli in diagonale.
Dopo la rottura, la cagliata viene fatta riposare 10 -15 minuti affinchè il siero cominci ad affiorare.

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6.     Seconda rottura della cagliata
A seconda della ricetta, la cagliata va rotta ulteriormente, questa volta con la frusta da cucina. In generale, più piccoli sono i grani in cui si rompe la cagliata, più il formaggio risulterà compatto e sarà adatto alla stagionatura. Lasciando i grani grossi (o non facendo questa operazione) il formaggio sarà più morbido ed adatto ad essere consumato fresco.
Siccome noi vogliamo ottenere un formaggio "fresco" da consumarsi nel breve periodo, possiamo direttamente passare all’estrazione della cagliata; nel caso di formaggi destinati alla stagionatura e alla lunga conservazione, dovremmo nuovamente riscaldare il tutto alla temperatura di circa 42-45° C a fuoco molto lento, per evitare che la cagliata aderisca alla pentola imbrunendosi.

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7.      Estrazione della cagliata
Nei caseifici si estrae la cagliata dalla caldaia servendosi di teli per riuscire a "catturare" più prodotto possibile. Viste le modeste dimensioni della nostra pentola, si raccoglie la cagliata con la schiumarola e si riempiono le fuscelle.
Durante il riempimento delle fuscelle si può esercitare una modesta pressione che faciliti la "messa in forma" della cagliata. Il siero può essere raccolto per preparare della ricotta o un sieroinnesto.

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8.      Spurgo e stufatura
Le fuscelle vanno lasciate messe sul graticcio, e si potrà vedere che il siero continuerà a sgocciolare abbondantemente.
Nei caseifici i locali di stufatura hanno temperature variabili dai 22 ai 28°C e una umidità relativa prossima al 90%. Queste condizioni non sono facilmente riproducibili in una cucina casalinga: si può parzialmente sopperire, ad esempio, mettendo una ciotola di acqua calda accanto alle fuscelle e coprendo il tutto con una bacinella rovesciata, oppure mettendo le fuscelle in contenitori abbastanza grandi da consentire lo spurgo, coprendoli con della pellicola e posizionando il tutto non lontano da un termosifone (in inverno, ovviamente!).
Spurgo e stufatura proseguono per un tempo variabile dalle 12 alle 36 ore nel caso di formaggi freschi.

Durante questo periodo il formaggio va girato più volte, per facilitare lo spurgo su ambo i lati. Per evitare di danneggiare la forma, si può utilizzare una seconda fuscella messa sopra la forma: girandola il formaggio scolerà sull’altro lato senza bisogno di essere estratto. Questo si rivela particolarmente comodo per formaggi molli (es.: stracchino).

Durante la stufatura l'umidità contribuisce a dare resistenza ed elasticità alla pasta della cagliata, poca umidità porterà ad avere una crosta più dura e facilmente screpolabile.
La temperatura influisce sull'aumento dell'acidità, della carica microbiologica, dello spurgo e quindi sulla separazione del siero dalla cagliata (sineresi).

 

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9.     Salatura
La salatura può essere fatta in uno o più di questi momenti:

  • Coagulazione: il sale può essere aggiunto insieme al caglio
  • Durante spurgo e stufatura: il sale viene sparso sopra la cagliata ogni volta che questa viene girata
  • Dopo spurgo e stufatura: il sale viene sparso sul formaggio dopo che questo ha terminato la fase di spurgo

In quest’ultimo caso, distinguiamo due tipi di salatura, la salamoia e la salatura a secco. A livello industriale è prevalentemente usata la prima mentre per i formaggi "freschi" che possiamo fare in casa va bene quella a secco. Si procede cospargendo in più riprese sia le facce (i due piani di appoggio della forma) che lo scalzo (la parte laterale della forma) con del sale da cucina.
È preferibile usare del sale marino grosso riducendone i grani circa alla metà con il mortaio.
Va evitato di lasciare troppo sale sulla forma. La salatura si può dover ripetere nei giorni successivi.

 

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Per quanto riguarda la ricotta, si possono trovare utili indicazioni in quest'altro articolo.

Lattoinnesti e Sieroinnesti

Queste tecniche servono innestare delle colture batteriche (di batteri filo-caseari, ovviamente!) che contribuiscono a migliorare la qualità del formaggio ottenuto, in quanto:

  • innalzano l’acidità del latte, influenzando la coagulazione, lo spurgo della cagliata e la conservazione del formaggio
  • conferiscono al formaggio caratteristiche omogenee e costanti a seconda della tipologia. Specifici formaggi DOP o DOCG definiscono nel loro disciplinare anche il tipo di batteri e le concentrazioni
  • influenzano il processo di maturazione
  • contribuiscono a sviluppare l’aroma del formaggio

Vedremo brevemente come preparare delle colture naturali allevate in latte (lattoinnesti) oppure in siero (sieroinnesti).

Il lattoinnesto si usa di norma per arricchire il latte destinato alla produzione di formaggi molli o di breve stagionatura, mentre il sieroinnesto si usa per arricchire il latte destinato alla produzione di formaggi a pasta cotta o semicotta e di più lunga stagionatura.

Grazie all’aggiunta di un lattoinnesto o sieroinnesto si può arricchire un latte privo di batteri perché pastorizzato, ed avere un migliore risultato.

Lattoinnesto

1.      Prendere 500 ml di latte fresco, scaldarlo a fuoco vivo o a microonde a 85° C. Attenzione a non scaldarlo ad una temperatura maggiore o si separerà la crema.

2.      Lasciare raffreddare fino a 52° C.

3.      Aggiungere un cucchiaio da tavola di yogurt fresco. Si può usare sia quello fatto in casa che quello acquistato, ma quest’ultimo deve essere con i fermenti lattici vivi.

4.      Miscelare lo yogurt nel latte con una forchetta o con una frusta.

5.      Mantenere il composto a 40° - 45° C per 8-10 ore fino a che non diventa compatto. Per mantenere la temperatura stabile si può usare una yogurtiera.

6.      Mettere la coltura in un porta-cubetti per il ghiaccio pulito, congelarlo nel freezer. Una volta congelato rimuovere i cubetti e riporli in contenitore plastico sigillato e pulito oppure in un sacchetto da freezer. Il risultato saranno dei cubetti congelati di lattoinnesto da 30 grammi circa.

7.      Il lattoinnesto va scongelato ed aggiunto al latte qualche ora prima della preparazione del formaggio. La quantità può dipendere dalla ricetta, solitamente 1 -  2 cubetti per litro di latte. I cubetti sono utilizzabili per circa un mese.

Per produrre altro lattoinnesto, usarne 2 cubetti al posto dello yogurt al passo 3.

Il procedimento suggerisce l’uso dello yogurt, ma volendo si può provare a “riprodurre” la flora batterica di uno specifico formaggio (es.: stracchino, caciotta).

Sieroinnesto

1.      Prendere 500 ml di siero ottenuto da una precedente caseificazione

2.      Scaldarlo fino a circa 40° - 45° C

3.      Lasciarlo di maturare a questa temperatura per circa 24 ore. Il siero ottenuto sarà più compatto e acido rispetto a quello iniziale.

4.      Mettere la coltura in un porta-cubetti per il ghiaccio pulito, congelarlo nel freezer. Una volta congelato rimuovere i cubetti e riporli in contenitore plastico sigillato e pulito oppure in un sacchetto da freezer. Il risultato saranno dei cubetti congelati di sieroinnesto da 30 grammi circa.

5.      Il sieroinnesto va scongelato ed aggiunto al latte qualche ora prima della preparazione del formaggio. La quantità può dipendere dalla ricetta, solitamente 1 - 2 cubetti per litro di latte. I cubetti sono utilizzabili per circa un mese

Per produrre altro sieroinnesto con le stesse caratteristiche, si può partire dal siero ottenuto dalla caseificazione fatta con il sieroinnesto di partenza.

Riferimenti

Vorrei innanzitutto ringraziare tutti gli utenti di Kucinare.it che in questo ultimo periodo hanno con me condiviso opinioni, suggerimenti, esperimenti e mi hanno fornito molti degli spunti che mi hanno permesso di raccogliere queste informazioni.

 

Queste indicazioni sono state raccolte leggendo e confrontando numerosi siti e pagine Internet, e le tecniche sono state sperimentate personalmente.

 

Tra i siti ufficiali consultati, abbiamo:

Inoltre sono stati consultati un numero imprecisato di siti, blog e forum che riportano indicazioni e suggerimenti frammentari. Questi sono stati letti in modo critico e sperimentati per trasformarli nelle indicazioni qui riportate.

 

In conformità alle leggi sul diritto d'autore per opere collettive (*), una volta pubblicato, l'articolo resta nel sito www.kucinare.it anche nel caso di cancellazione o disattivazione dell'account.
(*)  Legge del 22 aprile 1941 n° 633. Cfr anche Il diritto d'autore in internet.

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